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Antonio Giuffrida - penalista catania > diritto penale  > Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato

Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato

Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche

Tra i delitti contro il patrimonio commessi mediante frode, la legge 155 del 1999 ha introdotto una nuova fattispecie incriminatrice all’art. 640 bis c.p. La norma disciplina la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e tutela, chiaramente, il patrimonio pubblico (inteso come patrimonio dello Stato).

Il delitto, alla luce della stessa collocazione susseguente al delitto di truffa, ha sollevato dei contrasti con riferimento alla sua natura giuridica, conflitti sui quali la dottrina e, soprattutto, la giurisprudenza da tempo si occupano.

In particolare si è discusso se il delitto de quo costituisca una circostanza aggravante o una fattispecie autonoma di reato rispetto all’art. 640 c.p.

La precedente giurisprudenza, sposata dalla migliore dottrina, propendeva per la soluzione opposta a quella da ultimo accolta dalle SS.UU., configurando la Truffa aggravata come ipotesi autonoma di reato e ciò lo si desumeva: 

a) dalla collocazione del precetto in un’apposita norma e non all’interno dell’art. 640; 

b) dalla chiara volontà del legislatore, come emerge dai lavori preparatori della legge 155/99, di dar luogo ad un’autonoma fattispecie di reato che comprendesse quel terreno di illiceità costituito dalle truffe ai danni degli organismi comunitari, fino ad allora perseguite la con la previsione (rivelatasi insufficiente) dell’aggravante di cui all’art. 640 c.p.

Le SS.UU., intervenute nel 2002, hanno optato per la prima soluzione ritenendo che la descrizione strutturale del precetto penale rinvia al fatto reato di cui all’art. 640 c.p., seppur integrando la norma con un oggetto materiale specifico della condotta.

Le SS.UU., confutando i precedenti orientamenti sostenuti in dottrina e in giurisprudenza, ritengono che l’art. 640bis non possa integrare un’autonoma fattispecie di reato atteso che, identica è l’oggettività giuridica  da identificare nel patrimonio del soggetto passivo del reato.

Parte della dottrina non ha risparmiato critiche alla pronuncia delle SS.UU. facendo leva sulla diversità del bene tutelato e sulla finalità della legge 155/99.

Nel primo caso l’art. 640 bis tutelerebbe le risorse pubbliche destinate ad incentivare l’economia, nel secondo caso la legge (che ha introdotto l’art. in esame) ha inteso contrastare la delinquenza mafiosa e altre gravi forme di pericolosità sociale (mentre a voler ritenere che la norma abbia natura circostanziale, la stessa sarebbe assoggettabile al giudizio di bilanciamento delle circostanze attenuanti).

Si è recentemente obiettato, peraltro, che il legislatore avrebbe potuto ben aggiungere un comma all’art. 640 c.p. come avvenuto per la truffa aggravata in danno dello stato. 

Avviando l’esame della norma si legge che  “La pena è della reclusione da uno a sei anni e si procede d’ufficio se il fatto di cui all’articolo 640 riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee: si comprende che, al fine della penale responsabilità, non è sufficiente che un soggetto fornisca notizie false, ma è necessario che venga posta in essere una condotta fraudolenta capace di vanificare l’esercizio del potere di controllo sulle richieste di finanziamento”.

Con riferimento, invece, al danno patrimoniale esso va identificato non già nel lucro cessante, ma nel danno emergente che sorge nel momento della erogazione di denaro a seguito della falsa prospettazione inerente la spesa.

Indebita percezione di erogazioni a danno dello stato

Il delitto di cui all’art. 316 ter c.p. è stato introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 4 della legge 300/2000, al fine di integrare la tutela contro le frodi allo stato e agli organismi comunitari dando, altresì, applicazione alla Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle C.E. stipulata a Bruxelles il 26/7/1995.

La fattispecie si caratterizza per avere una natura plurioffensiva, tutelando non solo il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost., ma anche il patrimonio della stessa, a seguito della illecita collocazione delle erogazioni eseguite.

La condotta penalmente rilevante consiste nel conseguimento ( per se o per altri), mediante presentazioni di documenti o dichiarazioni, di contributi o finanziamenti.

Differenze tra i delitti di cui agli artt. 316 ter e 640 bis c.p.

Aldilà della condotta esplicitata nella norma, tra le questioni rilevanti vi è il rapporto tra tale fattispecie e la truffa aggravata di cui all’art. 640bis, dibattito sul quale sono di recente intervenute le SS.UU.

La dottrina, che è intervenuta dapprima sul tema, ha sottolineato che la nuda menzogna e il semplice “mendacio” non possono integrare né gli artifizi né i raggiri ai sensi dell’art. 640 c.p. essendo necessario un quid pluris, una condotta, cioè, che tragga in errore il soggetto passivo. In altri termini, occorre che la presentazione di documenti o dichiarazioni false non siano accompagnate da una ulteriore attività maliziosa del reo.

In questo senso si è orientata una parte della giurisprudenza, secondo la quale tra le due norme esiste un rapporto non già di genere a specie, ma di sussidarietà, nel senso che l’art. 316 ter mirerebbe a colmare le zone lasciate sgombre di tutela dalla disciplina della truffa, come appunto l’ipotesi del mendacio che non integra il delitto di truffa.

Un altro orientamento letterario, invece, sostiene che tra le norme sussisterebbe un rapporto di specialità, in quanto, la disciplina dell’indebita percezione di erogazioni pubbliche costituisce una ulteriore specificazione del delitto più grave, con modalità meno intense rispetto a quelle della truffa.

Di notevole interesse è la soluzione interpretativa proposta da una parte della dottrina (MANDUCCHI), secondo la quale l’art. 316 ter non fa riferimento all’induzione in errore, ma riguarderebbe le ipotesi non rientranti nell’art. 640bis c.p. proprio per mancanza del suddetto requisito, e cioè i casi di approfittamento dell’errore altrui.

In materia si è pronunciata anche la Corte Cost. nel 2004, la quale, in adesione a quanto sostenuto da una parte della dottrina, dichiarando la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 316 ter c.p. in riferimento agli artt. 3 e 10 Cost., ha affermato che la ratio di introdurre l’art. 316 ter nel codice penale è quello di sanzionare penalmente eventuali comportamenti non punibili ex art. 640 bis c.p.

Sul tema sono di recente intervenute le SS.UU. con sentenza nr. 16568 del 27 aprile 2007, le quali, relativamente al rapporto tra le due fattispecie, hanno precisato che il denominatore comune non può essere identificato nella natura delle erogazioni, ma solo sul titolo che ha determinato l’atto di disposizione patrimoniale.

La corte regolatrice ha poi aderito al primo orientamento della dottrina secondo il quale tra indebita percezione di erogazioni e truffa aggravata vi sarebbe un rapporto di sussidiarietà, – si legge in sentenza- dovendosi applicare la prima ipotesi solo quando difettino gli estremi della truffa, come nel caso delle situazioni qualificate dal mero silenzio antidoveroso o delle condotte che non inducono effettivamente in errore l’autore della disposizione patrimoniale. Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche

Tra i delitti contro il patrimonio commessi mediante frode, la legge 155 del 1999 ha introdotto una nuova fattispecie incriminatrice all’art. 640 bis c.p. La norma disciplina la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e tutela, chiaramente, il patrimonio pubblico (inteso come patrimonio dello Stato).

Il delitto, alla luce della stessa collocazione susseguente al delitto di truffa, ha sollevato dei contrasti con riferimento alla sua natura giuridica, conflitti sui quali la dottrina e, soprattutto, la giurisprudenza da tempo si occupano.

In particolare si è discusso se il delitto de quo costituisca una circostanza aggravante o una fattispecie autonoma di reato rispetto all’art. 640 c.p.

La precedente giurisprudenza, sposata dalla migliore dottrina, propendeva per la soluzione opposta a quella da ultimo accolta dalle SS.UU., configurando la Truffa aggravata come ipotesi autonoma di reato e ciò lo si desumeva: 

a) dalla collocazione del precetto in un’apposita norma e non all’interno dell’art. 640; 

b) dalla chiara volontà del legislatore, come emerge dai lavori preparatori della legge 155/99, di dar luogo ad un’autonoma fattispecie di reato che comprendesse quel terreno di illiceità costituito dalle truffe ai danni degli organismi comunitari, fino ad allora perseguite la con la previsione (rivelatasi insufficiente) dell’aggravante di cui all’art. 640 c.p.

Le SS.UU., intervenute nel 2002, hanno optato per la prima soluzione ritenendo che la descrizione strutturale del precetto penale rinvia al fatto reato di cui all’art. 640 c.p., seppur integrando la norma con un oggetto materiale specifico della condotta.

Le SS.UU., confutando i precedenti orientamenti sostenuti in dottrina e in giurisprudenza, ritengono che l’art. 640bis non possa integrare un’autonoma fattispecie di reato atteso che, identica è l’oggettività giuridica  da identificare nel patrimonio del soggetto passivo del reato.

Parte della dottrina non ha risparmiato critiche alla pronuncia delle SS.UU. facendo leva sulla diversità del bene tutelato e sulla finalità della legge 155/99.

Nel primo caso l’art. 640 bis tutelerebbe le risorse pubbliche destinate ad incentivare l’economia, nel secondo caso la legge (che ha introdotto l’art. in esame) ha inteso contrastare la delinquenza mafiosa e altre gravi forme di pericolosità sociale (mentre a voler ritenere che la norma abbia natura circostanziale, la stessa sarebbe assoggettabile al giudizio di bilanciamento delle circostanze attenuanti).

Si è recentemente obiettato, peraltro, che il legislatore avrebbe potuto ben aggiungere un comma all’art. 640 c.p. come avvenuto per la truffa aggravata in danno dello stato. 

Avviando l’esame della norma si legge che  “La pena è della reclusione da uno a sei anni e si procede d’ufficio se il fatto di cui all’articolo 640 riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee: si comprende che, al fine della penale responsabilità, non è sufficiente che un soggetto fornisca notizie false, ma è necessario che venga posta in essere una condotta fraudolenta capace di vanificare l’esercizio del potere di controllo sulle richieste di finanziamento”.

Con riferimento, invece, al danno patrimoniale esso va identificato non già nel lucro cessante, ma nel danno emergente che sorge nel momento della erogazione di denaro a seguito della falsa prospettazione inerente la spesa.

Indebita percezione di erogazioni a danno dello stato

Il delitto di cui all’art. 316 ter c.p. è stato introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 4 della legge 300/2000, al fine di integrare la tutela contro le frodi allo stato e agli organismi comunitari dando, altresì, applicazione alla Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle C.E. stipulata a Bruxelles il 26/7/1995.

La fattispecie si caratterizza per avere una natura plurioffensiva, tutelando non solo il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost., ma anche il patrimonio della stessa, a seguito della illecita collocazione delle erogazioni eseguite.

La condotta penalmente rilevante consiste nel conseguimento ( per se o per altri), mediante presentazioni di documenti o dichiarazioni, di contributi o finanziamenti.

Differenze tra i delitti di cui agli artt. 316 ter e 640 bis c.p.

Aldilà della condotta esplicitata nella norma, tra le questioni rilevanti vi è il rapporto tra tale fattispecie e la truffa aggravata di cui all’art. 640bis, dibattito sul quale sono di recente intervenute le SS.UU.

La dottrina, che è intervenuta dapprima sul tema, ha sottolineato che la nuda menzogna e il semplice “mendacio” non possono integrare né gli artifizi né i raggiri ai sensi dell’art. 640 c.p. essendo necessario un quid pluris, una condotta, cioè, che tragga in errore il soggetto passivo. In altri termini, occorre che la presentazione di documenti o dichiarazioni false non siano accompagnate da una ulteriore attività maliziosa del reo.

In questo senso si è orientata una parte della giurisprudenza, secondo la quale tra le due norme esiste un rapporto non già di genere a specie, ma di sussidarietà, nel senso che l’art. 316 ter mirerebbe a colmare le zone lasciate sgombre di tutela dalla disciplina della truffa, come appunto l’ipotesi del mendacio che non integra il delitto di truffa.

Un altro orientamento letterario, invece, sostiene che tra le norme sussisterebbe un rapporto di specialità, in quanto, la disciplina dell’indebita percezione di erogazioni pubbliche costituisce una ulteriore specificazione del delitto più grave, con modalità meno intense rispetto a quelle della truffa.

Di notevole interesse è la soluzione interpretativa proposta da una parte della dottrina (MANDUCCHI), secondo la quale l’art. 316 ter non fa riferimento all’induzione in errore, ma riguarderebbe le ipotesi non rientranti nell’art. 640bis c.p. proprio per mancanza del suddetto requisito, e cioè i casi di approfittamento dell’errore altrui.

In materia si è pronunciata anche la Corte Cost. nel 2004, la quale, in adesione a quanto sostenuto da una parte della dottrina, dichiarando la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 316 ter c.p. in riferimento agli artt. 3 e 10 Cost., ha affermato che la ratio di introdurre l’art. 316 ter nel codice penale è quello di sanzionare penalmente eventuali comportamenti non punibili ex art. 640 bis c.p.

Sul tema sono di recente intervenute le SS.UU. con sentenza nr. 16568 del 27 aprile 2007, le quali, relativamente al rapporto tra le due fattispecie, hanno precisato che il denominatore comune non può essere identificato nella natura delle erogazioni, ma solo sul titolo che ha determinato l’atto di disposizione patrimoniale.

La corte regolatrice ha poi aderito al primo orientamento della dottrina secondo il quale tra indebita percezione di erogazioni e truffa aggravata vi sarebbe un rapporto di sussidiarietà, – si legge in sentenza- dovendosi applicare la prima ipotesi solo quando difettino gli estremi della truffa, come nel caso delle situazioni qualificate dal mero silenzio antidoveroso o delle condotte che non inducono effettivamente in errore l’autore della disposizione patrimoniale.